Con la Legge di Bilancio 2020, si sta lavorando a un Piano Sud per sbloccare lo stallo dei fondi a disposizione delle regioni del Mezzogiorno che restano inutilizzati. Stando alle notizie riportate da Il Sole 24 Ore, un ruolo di primo piano in questo potrebbe essere assegnato a Invitalia, Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa che fa capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze, come centrale unica di committenza nazionale.
L’input a prendere provvedimenti sulla gestione dei fondi al Sud arriva anche dall’Europa: nelle scorse settimane Marc Lemaitre, direttore generale per la Politica regionale della Commissione UE, ha scritto a Giuseppe Provenzano, Ministro per il Sud e la Coesione territoriale per esprimere la preoccupazione che riguarda l’impiego di risorse pubbliche spese sul territorio, al di sotto degli accordi presi con Bruxelles.
Il richiamo dell’UE apre a un’altra riflessione, che va oltre. Se insieme ai mancati investimenti, si considerano anche le difficoltà nell’avere accesso alle opportunità già previste, emblematico è il bonus Sud, emerge chiaro il paradosso meridionale: anche quando gli strumenti ci sono, spesso restano inaccessibili.
Il ministro per il Sud e per la Coesione territoriale l’8 ottobre ha risposto all’UE con un’ammissione di colpa e una fotografia preoccupante della situazione che presenta “un livello di investimenti pubblici al Sud più basso di sempre” e un’attuazione dei Fondi per lo Sviluppo e la Coesione del ciclo 2014-2020 ferma al 20%, dopo i primi 5 anni di attuazione.
“La vera sfida è rafforzare la capacità amministrativa di regioni ed enti locali, per cui stiamo immaginando un protocollo e procedure standard per accelerare la realizzazione degli investimenti”.
Il Piano Sud si basa, tra le altre cose, su questa strategia e sulla necessità di rendere operativa la clausola stabilita dal decreto Mezzogiorno, che obbligherebbe lo stato a investimenti ordinari al Sud pari al 34%.
Anche Domenico Arcuri, amministratore delegato di Invitalia, durante il suo intervento al convegno dei giovani industriali di Capri il 18 ottobre, ha posto l’accento su numeri poco rassicuranti:
“Per invertire la rotta occorre imparare a utilizzare al meglio le risorse a disposizione. La ragioneria dello Stato ha pubblicato il Rapporto di monitoraggio delle politiche di coesione. Nel periodo 2014-2020 sono a disposizione delle regioni meridionali 54,7 miliardi. Di questi, 17,1 sono stati assegnati a compiti specifici. Dei rimanenti 37,6 miliardi è stato impegnato l’11,6% e speso solo il 2,8%. Sono numeri che fanno a pugni con il divario endogeno che rimane nel nostro paese”.
Il quadro che spinge a mettere a punto un Piano Sud efficace è la fotografia di un sistema immobile che così com’è difficilmente può progredire. L’ennesima e nuova stagione di una questione meridionale.
Rientra nell’ultima ipotesi il caso del bonus Sud 2019, l’accesso agli incentivi per l’occupazione nel Mezzogiorno è stato caratterizzato da una serie di inciampi. Dalla Legge di Bilancio 2019 ad oggi l’agevolazione ha avuto un percorso tortuoso:
Il bonus Sud 2019 è l’emblema di un sistema inaccessibile e che gira a vuoto su sé stesso.
Stato, enti locali, privati, a turno tutti gli attori in campo hanno la loro parte di responsabilità e a turno bloccano la spinta in avanti di cui si ha bisogno nelle regioni del Mezzogiorno: è su questa consapevolezza che il Piano Sud deve essere costruito.